L’occupazione romana del territorio aquilano – collocato in antico a cavallo tra area sabina (conca amiternina) e area vestina (valle dell’Aterno e altopiano di Navelli) – si realizza nei decenni tra IV e III sec. a.C., nel contesto delle guerre tra Roma e i Sanniti. Già nel 325 a.C., durante la seconda guerra sannitica, l’intenzione dei Vestini di schierarsi sul fronte anti-romano conduce a una rapida campagna militare che vede l’antica popolazione italica duramente sconfitta e costretta, nel giro di una ventina d’anni, a siglare un trattato di alleanza con Roma (302 a.C.), funzionale a garantire alle forze romane il transito verso la costa adriatica. A distanza di qualche anno, nel quadro del rinnovato scontro con i Sanniti, i Romani conquistano Amiternum (293 a.C.), snodo viario di importanza strategica: si tratta della prima tappa della conquista romana dell’alta Sabina, completata nel 290 a.C. grazie a una campagna militare che permetterà a Roma di estendere il controllo fino al territorio pretuziano (l’odierno Teramano) e alla costa adriatica. In queste ultime zone la conquista ebbe conseguenze molto pesanti sul popolamento locale: differentemente dalle più miti attitudini manifestate nei confronti dei Vestini, Sabini e Pretuzi vennero totalmente annientati e il loro intero territorio fu incamerato dal demanio romano.
L’occupazione militare si accompagnò in primo luogo, come di consueto, a una razionale organizzazione della rete viaria, con l’apertura, al principio del III sec. a.C., di due importanti assi stradali destinati a collegare Roma alla costa adriatica: la via Cecilia (un diverticolo della Salaria tracciato in direzione di Amiternum e di Hatria) e la via Valeria (il prolungamento della via Tiburtina, che nel tratto finale seguiva la valle dell’Aterno-Pescara). Le due strade erano collegate da una bretella tracciata lungo la valle dell’Aterno, l’altopiano di Navelli e la valle del Tirino, coincidente con un antico percorso della transumanza, che dopo gli interventi di sistemazione voluti dall’imperatore Claudio alla metà del I sec. d.C. prenderà il nome di via Claudia Nuova.
In termini di assetti amministrativi, la strutturazione della conquista venne attuata secondo due distinte strategie: mentre il trattato di alleanza consentì alle comunità vestine di preservare per oltre due secoli le originarie forme di autogoverno, l’alta Sabina venne interessata subito dopo il 290 a.C. da un massiccio intervento di colonizzazione, che condusse alla scomparsa delle culture locali. La romanizzazione del distretto giunge a pieno compimento al principio del I sec. a.C., quando anche i Vestini – schierati sul fronte degli insorti italici durante la guerra sociale – ottennero la cittadinanza romana. A partire da questo momento, l’unificazione giuridica dell’intera penisola consente a Roma di rimodellare in forma quanto più possibile omogenea le strutture amministrative locali, al fine di razionalizzare e armonizzare il rapporto tra potere centrale e autonomie municipali.
Nell’area in esame, uno degli esiti più evidenti del processo di romanizzazione è la nascita di due importanti centri urbani, Amiternum e Peltuinum, destinati ad accentrare le funzioni amministrative in un territorio in certo modo refrattario all’urbanizzazione e caratterizzato fin dall’età preromana da un popolamento di tipo sparso, frammentato in piccoli nuclei insediativi a carattere vicano.
Amiternum dovette svilupparsi già a partire dall’inizio del III sec. a.C. a seguito della distruzione dell’abitato preromano che sorgeva a monte, nell’area dell’odierna San Vittorino: nata in funzione dei coloni romani insediati in quest’area e sede dei funzionari (praefecti) inviati inizialmente da Roma per amministrare il territorio, la nuova città assunse veste propriamente urbana solo più tardi, alla fine del I sec. a.C., in connessione con l’ottenimento della piena autonomia municipale.
Sviluppi analoghi contraddistinguono il centro di Peltuinum: il sito, frequentato già in età arcaica, venne selezionato all’indomani della guerra sociale come polo amministrativo del distretto vestino “cismontano” in virtù della sua centralità rispetto a un territorio piuttosto articolato al suo interno, comprendente non solo la valle dell’Aterno ma anche l’altopiano di Navelli e la valle del Tirino. Il territorio – popolato da numerosi insediamenti minori (vici): tra gli altri, quelli di Furfo (presso Barisciano), Aufenginum (Fagnano Alto), Incerulae (Navelli) – era fin dall’origine suddiviso in due distinti settori facenti capo ai centri di Aveia (Fossa) e di Aufinum (presso Capestrano), rispetto ai quali Peltuinum si pone come una ulteriore e sovraordinata realtà istituzionale, con funzione di raccordo tra le diverse realtà locali e Roma: un assetto amministrativo senza dubbio peculiare nel quadro dell’Italia romana, che si configura come una sorta di compromesso tra la vocazione insediativa di tradizione preromana e le nuove esigenze di centralizzazione.
Il quadro insediativo di età romana è completato dalla presenza diffusa di santuari rurali, destinati ad articolare la vita sociale ed economica del territorio. L’esempio più significativo è costituito senza dubbio dal santuario di Civita di Bagno: un complesso monumentale a terrazze edificato tra il II e il I sec. a.C., dedicato al culto di origine sabina della dea Feronia. Il santuario – significativamente collocato al confine tra il comparto amiternino e quello peltuinate, a rimarcarne la valenza “comunitaria” – doveva, come di norma per queste strutture, ospitare mercati periodici: un luogo dunque non solo di cerimonie religiose ma anche di incontri e di scambi, destinato a intercettare il vasto movimento di uomini e merci legato alla pratica della transumanza.
Gli equilibri creati dal governo romano in questa regione si sfaldano progressivamente a partire già dal V sec. d.C., in connessione con la più generale crisi del settore occidentale dell’Impero. A farne le spese sono in primo luogo i grandi poli urbani di Amiternum e Peltuinum, a conferma se vogliamo del carattere in certo modo artificiale di insediamenti inscindibilmente legati agli assetti amministrativi imposti da Roma. L’abbandono delle città romane, i cui resti sorgono ora in aperta campagna, coincide in modo significativo con la rioccupazione nel corso dell’Alto Medioevo dei villaggi preromani, più facilmente difendibili ed in fondo più aderenti alla vocazione socio-economica e insediativa del territorio.
Simone Sisani